Dalla rivista “BANZAI”

Con l’occasione di fornire documentazione “storica” per la realizzazione di questo sito, ho riaperto cassetti chiusi da tempo, dove, fra molte altre cose, importanti per la storia moderna del Karate,  ho ritrovato questo vecchio numero della rivista Banzai che contiene un’interessante intervista rilasciata, più di trentt’anni fa, dal Maestro P. Urban, ospite nel mio dojo. Dalle parole di Peter Urban si possono apprendere la sua filosofia di vita e il rapporto con le Arti Marziali. Lo ritengo un documento importante per gli studiosi e per i giovani praticanti.

M° A. Gamba

Viene di seguito riportata parte dell’intervista effettuata al M° P. Urban, ospite nel dojo del M°Gamba.

L’intervista, divisa in due puntate, è tratta dal mensile BANZAI:
1a PUNTATA: MENSILE N°8-AGOSTO 1980

2a PUNTATA: MENSILE N°9-SETTEMBRE 1980

I PUNTATA

E’ con grande curiosità che ci avviciniamo al TORA DOJO la palestra padovana   del M°  Gamba. Di Urban si dicono molte cose e tutte buone: come avviene per molti personaggi famosi, periodicamente giungono di lui notizie sensazionali e contraddittorie: Urban è alcolizzato, è morente, nuota nell’oro, è poverissimo, è stato arrestato, è più forte che mai ecc. Da Gamba apprendiamo che: 1) ha acconsentito a riceverci; 2) nonostante gli sia stata offerta ospitalità nel migliore   albergo preferisce vivere in palestra; 3) ha tenuto un ritmo di lezioni pesantissimo prodigando il suo insegnamento e non risparmiando gli allievi.

Entriamo, e dall’altra parte della materassina si avanza  Urban: dato il caldo ed avendo appena finito l’allenamento è in una tenuta sommaria (dei pantaloni neri    che ricordano quelli dei praticanti cinesi) i capelli meticolosamente pettinati, occhi profondi e magnetici, vestire curato, al collo l’immancabile asciugamano di spugna che è quasi una sua divisa: in lui tutto è personaggio.

Le presentazioni avvengono molto formalmente, ed il Maestro, con la ritualità dei gesti (credo di riconoscere il “segno segreto” di una famosa setta esoterica orientale ma non voglio investigare) e la voce chiara e modulata ci avviluppa dall’inizio in una atmosfera particolare. […]

Banzai: Lei, maestro, è stato uno dei primi a portare il Karate negli Stati Uniti

UrbanNon uno dei primi, il primo a introdurre il Goju; oggi non sono più tanto importante, ma agli inizi la mia apparizione ha prodotto una rivoluzione.

Banzai: Quindi le sue radici sono giapponesi.

Urban: Si e ne sono orgoglioso. Ho avuto un po’ il ruolo di Cristoforo Colombo del Goju e sono anche orgoglioso di aver fondato l’U.S.A.G.A. qui in Italia.

BanzaiQuando è avvenuto il suo rimpatrio negli Stati Uniti e quando si è staccato dal Gojukai?

Urban: La mia opera di divulgazione ha avuto inizio nel 1959, ma nel 1965 circa ho smesso di glorificare il nome degli altri. Il primo gradino dell’organizzarsi consiste nel definirsi. Io ho finito di camminare dietro ai giapponesi ed ho avuto il coraggio di definire col mio nome e con quello del mio paese lo stile che insegnavo.

Banzai: Oggi, dopo 15 anni di separazione, trova che il suo stile sia divenuto differente da quello di origine?

UrbanCerto, anche i nostri fisici sono differenti. Potrei dire che il mio stile si è evoluto rispetto a quello di origine come l’americano si è evoluto dalla lingua inglese.

Banzai: E vero che in America si insiste sull’aspetto dell’autodifesa?

Urban: L’autodifesa è l’essenza dell’arte marziale ed io non potrei concepire altrimenti. La base è imparare a combattere bene.

BanzaiE’ l’aspetto sportivo che sembra essere particolarmente presente nel contact?

UrbanIo sono contrario il mio Dojo è come una chiesa e la mia scuola è scienza del Karate moderno americano

BanzaiLa sua esperienza è solo giapponese o anche cinese?

UrbanI miei maestri: Richard Kim, Oyama, Yamaguchi, sono stati influenzati dai cinesi. La Cina è alla radice delle arti marziali.

BanzaiCosa pensa delle proiezioni?

Urban: Fanno parte anche loro dell’arte marziale che comprende tutto, tutta la gamma dei movimenti e delle emozioni, non credo alle specializzazioni. Ho studiato in modo particolare il  Daito Ju Ryu Aika Jitsu con il M° KIM.In gioventù tutta la mia vita è stata dedicata alle Arti Marziali. Il Karate è la mia religione; la mia filosofia si può sintetizzare in “oggi è adesso” (today is now) ed ho dato a me stesso l’etichetta di maestro di American Karate.

Banzai: Ha conosciuto Bruce Lee? Cosa ne pensa?

UrbanSi, l’ho conosciuto al Madison Square Garden. Una personalità profondamente interessante, da rispettare. Lee non ha   mai voluto essere venerato ed ha avuto ragione. Bruce Lee è parte delle arti marziali, ma nessuno può essere più grande dell’arte stessa. La parte non può essere più grande del tutto come un dottore    non può essere più grande della medicina.

BanzaiLei è stato il primo occidentale ad essere ammesso a studiare il Goju, quali sono state le sue impressioni?

UrbanAll’inizio i Giapponesi mi hanno impressionato moltissimo. Poi è stata la mia volta di impressionarli, quando ho cominciato ad insegnare negli Stati Uniti e quando ho pubblicato il primo libro.

Banzai: Cos’è per Lei l’Arte Marziale?

UrbanUna religione, nel senso di una cosa che fa bene ogni giorno. Il Karate è la mia maggior specialità ma io seguo tutte le Arti Marziali.

BanzaiPuò definirci il KI?

Urban: Il KI è uno sviluppo della concentrazione. La magia non esiste, esiste solo la scienza per cui il KI è matematica e logica sistematica, immaginazione creativa ed autodisciplina interiore.

BanzaiQualche suggerimento per lo sviluppo del KI?

UrbanVaria a seconda dell’individuo e del suo progredire. Per me rafforzare

il KI significa giocare a scacchi e scrivere due cose che sviluppano la

concentrazione. Mi sono dato il soprannome “la scala del Goju” significa che

nel progredire non bisogna saltare neppure uno scalino.

Banzai: Cosa pensa dello Zen?

UrbanIo sono forse l’unico che è riuscito a spiegare lo Zen in termini

occidentali: Zen e Zelo, Energia e Nowness l “adessità” essere nel tempo

presente il mio motto è “l’oggi è adesso”.

Banzai: Cosa ne pensa dei gradi?

UrbanSono un fenomeno interessante, ma bisogna considerarli a seconda

della società e della cultura in cui si trovano. Il valore di un grado varia

come l’insegnamento da un’università ad un’altra. I cinesi hanno un

modo per definire un Maestro che può anche applicarsi a S. Antronio:

è un maestro chiunque il cui nome sia ancora vivo 20 anni dopo la sua morte.

BanzaiCos’é la cosa più importante dell’Autodifesa?

UrbanIl principio dell’azione implicita: agire in modo fulmineo.

BanzaiCos’é per Lei lo stile?

UrbanLo stile è quello di Miyagi e Yamaguchi: un qualcosa che

comprende tutto.

BanzaiDunque c’é bisogno di uno stile?

UrbanSì perché c’è una differenza tra i vari esseri umani. Non c’è uno stile superiore ad un altro ma una superiore tecnologia.

BanzaiQuali sono per Lei i più grandi artisti marziali della storia?

Urban: I militari! Occorre smetterla con la venerazione di Bruce Lee e degli orientali pensate ai Romani, ai Gladiatori. Il mio più grande eroe è Giulio Cesare, la sua sì era Arte Marziale. Pensate a Spartaco: quello si era full contact.

Bisogna smettere di venerare la gente e cominciare a venerare i principi.

di Claudio Regoli

(foto di Francesca Nardi).

Chi è Peter Urban Maestro 10° Dan.

Peter Urban, nato nel New Jersey da genitori greci e poi adottato da una

famiglia americana, aveva cominciato a interessarsi di sport da ragazzino.

A 17 anni si arruolò nella Marina degli Stati Uniti e fu mandato in Giappone.

Lì conobbe Richard Kim, americano, grandissimo maestro di Arti

Marziali e cominciò a frequentare le sue lezioni.

Peter dimostrava una particolare propensione per questa disciplina e

in poco tempo diventò il miglior allievo di Richard Kim. Questi lo

presentò ai due massimi maestri di Arti Marziali giapponesi Oyama

e Yamaguchi, i quali furono talmente entusiasmati da acogliere Peter nella

loro palestra preclusa agli stranieri.

Intanto il servizio militare era finito, ma i suoi superiori saputo degli

incredibili progressi che aveva fatto nel Karate, gli diedero un incarico

qualsiasi per permettergli di restare in Giappone. Peter trascorreva settimane frequentando le palestre di Richard Kim, Oyama e Yamaguchi. A 25 anni era già 8° Dan e la sua fama era conosciuta in tutto il Giappone.

In quel periodo in Giappone il Karaté non era una disciplina sportiva, i combattimenti erano portati fino alle estreme conseguenze: spesso si finiva all’ospedale e qualcuno ci rimetteva anche la vita. Ma Peter non aveva paura. Voleva conoscere tutti i segreti delle vere Arti Marziali giapponesi.

Ad un certo momento abbandonò la palestra dei suoi maestri e cominciò a girare  per il Giappone, fermandosi dove si svolgevano combattimenti. Sfidò tutti i più celebri campioni vincendo sempre i suoi combattimenti, grazie alla sua abilità.

In queste peregrinazioni per il Giappone Peter Urban conobbe anche i lati negativi delle Arti Marziali. Frequentò palestre specializzate nell’addestramento di campioni “sicari” a servizio della malavita.

Dopo aver vinto oltre 40 Trofei si ritirò dalle competizioni. Fondò una sua palestra dedicandosi al solo insegnamento. Ha scritto diversi libri che sono letti in tutto il mondo. Con la esperienza acquisita nei vari settori delle Arti Marziali elaborò un suo metodo particolare chiamato Goju U.S.A. che è un misto delle tecniche di Karate tradizionale, di quelle del Ju-Jitsu e del Kung-Fu unite a certi accorgimenti delle lotte occidentali.

Il Mestro Urban è stato inoltre il pioniere delle arti Marziali in America.

II suo stile Goju U.S.A. è riconosciuto internazionalmente.

“Non uno dei primi, io sono stato il primo”

“Autodifesa è agire in modo fulmineo”

“La gente non è importante,

sono i princìpi che sono importanti”

“Zen e Zelo, Energia e Nowingness”

“L’autodifesa è l’essenza dell’Arte Marziale”

“Il Karate è la mia religione”

II PUNTATA

La giornata è calda, ed il thé ghiacciato offe  rtoci dal Maestro Urban è veramente bene accetto. Il tempo di cambiare bobine al registratore e di fumare una sigaretta e continuiamo colle domande.                     Peccato che una pagina scritta non possa dare che una pallida idea del personaggio o delle sue risposte. Ora più rilassato e più disteso, Urban dimostra sempre più la sua grossa personalità: non si accontenta di rispondere colle parole. Ogni suono è studiato per dare maggiore espressione alle sue frasi e il tutto è accompagnato da una mimica mobilissima e da gesti che parlano della lunga educazione orientale di quello che fu l’allievo prediletto di Oyama e Yamaguchi.

Banzai: Qual’è, Maestro, la sua opinione sul Full Contact?

UrbanQuello che oggi viene chiamato Full Contact non è full contact: non esiste. Il vero full contact è senza protezioni, nel combattimento da strada: con i pugni nudi contro la carne e le ossa. Lo sport attualmente chiamato Full Contact dovrebbe essere chiamato più giustamente Full Effort (a sforzo pieno), ma è appunto    uno sport, non un vero combattimento.

Per me il combattimento si può definire come «una spiacevole esperienza emotiva»; quando parliamo di sport tutto è differente.

             Banzai: La sua opinione sui Kata?

             UrbanAh, i kata! I kata sono una cosa bellissima: rappresentano un combattimento di fantasia, sono come i piani di un edificio, e ne abbiamo bisogno per lo stesso motivo. Un’edificio può essere un monumento grandioso, ma per metterlo in opera abbiamo bisogno dei piani, che non ne danno che una minima idea eppure lo rappresentano. Con i kata noi sviluppiamo le nostre abilità che pio possiamo applicare in combattimento. I kata sono come i dizionari del Karate, combattere è come parlare.

             Continuando con questo paragone, si può anche spiegare perché certi odiano i kata ed hanno difficoltà colla lettura perché in realtà hanno paura di imparare; così quelli che hanno difficoltà coi Kata in realtà hanno paura di combattere.

             Banzai: per kata lei intende quelli tradizionali o ammette anche quelli «creativi» come spesso si vedono negli States?

             Urban: Ah, voi europei! Sempre legati e pronti a venerare il passato! Ma il Kata migliore ha ancora da venire! Oggi un bambino che legga un libro sull’elettricità viene a saperne di più che non Beniamino Franklin in tutta la sua vita!

Urban si alza e ritorna con una statuetta di Sant’Antonio da Padova, un santo a cui, come spiega, si sente molto legato e comincia a spiegarcela: vi è il Santo (oggi) il libro che tiene in mano è il passato, il bambino è il futuro e quello che il bambino tiene in mano il futuro del futuro; questo per introdurci una delle sue massime preferite: RISPETTA IL PASSATO, VIVI ADESSO, PIANIFICA IL FUTURO.

             Occorre fare dei piani e pio agire in modo da realizzarli (plan some acts and act those plans) solo così si può progredire e realizzare qualcosa.

Banzai: Cosa ne pensa dei Tameshi Wari (tecniche di rottura)?

             UrbanLe trovo estremamente importanti e formative, ad un certo momento. Servono per sviluppare il coraggio e per dare un fattore di realtà sulla tecnica. Per un uomo il primo combattimento è come per una donna la prima esperienza sessuale. E’ un’esperienza che ha la stessa importanza e che viene in egual modo esagerata prima dopo.

             Banzai: Potrebbe definire cos’è per lei il Kiai?

             Urban: Il Kiai è un elemento molto importante nel Karate e nelle Arti Marziali, e ne rappresenta il momento emotivo. Il Karate è movimento più emozione (motion + emotion) da cui si può capire l’importanza del Kiai. I giapponesi lanciano dei Kiai bellissimi; gli occidentali meno: è una questione di pigrizia. Spesso dico ai miei allievi che chi non è in grado di urlare in combattimento non è in grado di provare un vero orgasmo facendo l’amore e questo vale in modo particolare per le donne ma è anche per gli uomini. Si scandalizzano e mi accusano di «machismo» ma non me ne importa nulla. Non è raro vedere donne e anche uomini che rifiutano di urlare, per paura di chissà ché. Io, insegnando lavoro sull’intero corpo: esistono corpo e mente che sono temporanei e poi lo spirito che è universale. Non potrei concepirlo altrimenti. E’ come una macchina (il corpo e la mente) di cui lo spirito è proprietario e guidatore.

             Banzai: Maestro, cosa ne pensa dei vari movimenti di pensiero mistici che oggi prendono piede?

             UrbanAlcuni sono buoni, altri meno. Tutti possono aiutare qualcuno a trovare la sua strada. Non sono altro che delle strade: non ne esiste uno migliore. Nell’Universo non esiste nulla di unico, solo la matematica, che io definisco l’unico assoluto indifferenziato.

             Banzai: cos’è per lei quell’asciugamani che porta al collo?

             UrbanSono contento che me l’abbia chiesto, perché questo, un semplice asciugamano per il sudore all’americana, come quello usato nel film Rocky (ma io l’ho adottato ben prima di Rocky) è per me il simbolo della mia religione, come per i Giapponesi un Hachimaki (il pezzo di tela che viene legato attorno alle fronte per impedire che il sudore cada sugli occhi). Significa che la mia via è anche fatta di sudore: Un americano non capirebbe un Hachimaki, ma capisce questo asciugamano: è come rimboccarsi le maniche e sputarsi sulle mani. Io mi sento come un prete Zen e questo è il mio simbolo. Sapete cosa deve fare uno col lavoro? ATTACCARLO! Sant’Agostino e Sant’Antonio credevano nella forza del lavoro: nella magia della scienza, questo asciugamano vuol dire questo; pianificare qualche opera e mettere in opera i propri piani.

             Poi, a parte i significati filosofici e a parte il fatto che serve benissimo per asciugare il sudore, il mio asciugamano è un’arma fantastica: lo posso usare come frusta, come un Kusari (catena appesantita) come un laccio o per estendere la mia capacità di bloccare.

Banzai: Può raccontare ai nostri lettori qualche storia sull’introduzione del Karate negli U.S.A.?

UrbanCe ne sarebbero tante da raccontare! Comunque posso dirvi che uno dei primi praticanti di Arti Marziali negli States fu Teodoro Roosvelt, un presidente, che fece venire dal Giappone forse il primo istruttore di Ju Jitsu. Io invece, sono stato il primo ad introdurre il Goju.

Banzai: E quale è stata la reazione del pubblico?

UrbanNon è tanto quella del pubblico che conta, ma quella degli altri! Per questo Urban è disprezzato e combattuto, perché ha rovinato gli affari! All’epoca il Karate era qualcosa di misterioso e segreto. Io ho sempre pensato che semplificare sia meglio di

mistificare, e ho cominciato a spiegare cose semplice e facili da capire. I miei risultati poi parlano per me.

             Banzai: Quali sono i suoi rapporti con Goegi Yamaguchi (il figlio maggiore di Gogen «Il Gatto» capo del GOJU e maestro di Urban. Attualmente Goegi ha la responsabilità degli U.S.A. per il Goju)?

             Urban: Non siamo mai andati molto d’accordo. Fra me ed il padre c’era una vera comunione, io ero il suo figlio spirituale e c’intendevamo molto bene. I figli erano un po’ «moderni» e si vergognavano del padre e del suo modo di pensare ed agire come un Samurai dei vecchi tempi: pensavano che fosse un po’ matto. Io ed il padre andavamo invece molto d’accordo, fino a quando, 5° dan Goju e 6° Budokai, ho deciso di accettare il mio destino, che era quello di tornare e portare la mia conoscenza nel mio paese.

             Quel giorno eravamo in un ristorante, io, il padre ed i figli, ed io gli ho esposto i miei desideri. Da considerare che ero già conosciuto nel mio paese, ed il mio libro «Karate Dojo» era stato pubblicato già in molti paesi (una delle prove richieste per il 6° dan Budokai è quella di aver pubblicato internazionalmente qualcosa sulle Arti Marziali).

             Dunque eravamo lì al ristorante quando sono stato informato da Gosen che secondo le regole del Bushido, un occidentale non poteva sperimentare il Nirvana, e quindi non avrebbe mai potuto mettersi la cintura rossa di caposcuola.

La cosa mi ha colpito profondamente, e non ho potuto far altro che rispondere che da quanto mi constava, secondo le regole del Bushido, il Giappone non avrebbe mai potuto essere sconfitto in guerra.

             Oh! grande scompiglio! Il vecchio è terribilmente sconvolto. Allora io, prendendo un coltello, ho fatto per tagliarmi un dito, secondo le regole del Bushido, per aver sconvolto il mio Maestro: è stato un figlio: Goshi a fermarmi. Due giorni dopo venivo invitato a lasciare il Dojo, dove vivevo, e da allora non ho più visti. Non avevo voglia di cambiare la mente del Gatto, e da allora ho smesso di pensare e comportarmi come un Giapponese ed ho accettato il mio destino.

             Banzai: Da allora ha avuto contatti con Gosen Yamaguchi?

             Urban: Più nessuno, come se fossi morto. Io gli ho sempre scritto, e mandato gli auguri, ma lui non mi ha mai più risposto. Io credo che questo sia anche per istigazione del figlio. Gosei mi odia: perché io sono il figlio spirituale di suo padre. Il padre passava delle ore in palestra a insegnare dei Kata a me solo mentre il figlio non voleva accettare l’eredità di famiglia.

             Seconda la tradizione, il figlio diventerà caposcuola alla morte del padre. Succede sempre così: è successo con Kano nel Judo, e succede con Ueshiba nell’Aikido. Ma il figlio per un sacco di tempo non ha voluto saperne. E’ scappato in Europa ed hanno dovuto andarlo a cercare, ha sposato un’americana, solo ultimamente ha accettato. Poi tutti e due, padre e figlio, ce l’hanno con me perché ho pubblicato un libre. Anche loro dopo ne hanno pubblicato uno, ma il libro del figlio non può neppure paragonarsi al mio.

             Urban si alza e torna con una specie di pastorale: è un’arma che ha inventato lui stesso e somiglia vagamente ai TUYA filippini. Pur nella sua semplicità è estremamente funzionale: piccoli dettali (una fessura alla punta, un pezzo di spago legato vicino) ne moltiplicano le possibilità d’uso e la micidialità. Urban ci spiega parte della tecniche d’uso.

             Poi, per noi, acconsente a dimostrare alcune tecniche, sia senz’armi che colle armi. Dopo un periodo di lavoro è abbastanza affaticato, ed esegue un kata respiratorio per «raccogliere energie dell’aria». La caratteristica respirazione «Ibuki» fatta da lui è veramente qualcosa di impressionante: porta di energia e potenza.

             Un sorriso, uno sguardo degli occhi profondi, una rapida scossa ai capelli, ed Urban torna a noi: il tempo scarseggia, dobbiamo andare al Palazzetto per assistere alla Coppa U.S.A.G.A. di cui Urban è l’ospite d’onore. C’è tempo solo per un’ultima domanda.

             Banzai: Cosa ne pensa dell’Italia?

             Urban: A volte anch’io sono italiano: dipende dalla musica e dal cibo.

di CLAUDIO REGOLI

foto di FRANCESCA NARDI